Combattenti piacentini: approfondimenti

La provincia di Piacenza

La circoscrizione piacentina

I fatti d’arme che sono l’obbiettivo di questo lavoro, ovvero la ricostruzione della partecipazione piacentina, senza enfasi né retorica, sono accaduti intorno alla metà dell’Ottocento e poco oltre (campagne del 1848, 1859-1860, 1866, 1870). Quindi, le persone coinvolte nacquero nella prima metà del secolo, quando la situazione topografica dei comuni era diversa da quella attuale.

La maggior parte dei dati inseriti nella banca dati dei combattenti piacentini è desunta dagli elenchi della Società di S. Martino e Solferino compilati nei primi anni Ottanta del secolo XIX; dall’incrocio con le altre fonti abbiamo stilato una base di dati nominativa relativa a 46 comuni piacentini. Essi sono i seguenti: Agazzano, Alseno, Bettola/Borgonure, Bobbio, Borgonovo, Cadeo, Calendasco, Caorso, Carpaneto, Castel San Giovanni, Castell’Arquato, Castelvetro, Cerignale, Coli, Cortemaggiore, Ferriere, Fiorenzuola, Gossolengo, Gragnano, Gropparello, Lugagnano, Monticelli, Morfasso, Mortizza, Nibbiano, Ottone, Pecorara, Piacenza, Pianello, Piozzano/Pomaro, Podenzano, Ponte dell’Olio, Pontenure, Gazzola/Rivalta, Rivergaro, Rottofreno, San Giorgio, San Lazzaro Alberoni, Sant’Antonio, Sarmato, Travo, Vernasca, Vigolzone, Villanova, Zerba, Ziano/Vicomarino.
Tenuto conto che i tre comuni extramurari di Piacenza (Mortizza, S. Antonio, S. Lazzaro) da tempo non esistono più, siamo di fronte a 43 degli attuali comuni. Ne mancano cinque dei quali per varie ragioni non si trova menzione: Corte Brugnatella (Marsaglia), Besenzone, San Pietro in Cerro, Farini, Caminata. Di tali ragioni si cercherà di fornire spiegazione nella trattazione seguente che oltre a fornire indicazioni per la comprensione della banca dati offre anche uno sguardo più ampio sui due secoli trascorsi.

La Provincia di Piacenza e i suoi 48 Comuni

Fu l’amministrazione francese a dare una moderna fisionomia ai comuni nel territorio dei Ducati di Parma e Piacenza soppressi e incorporati, anziché nel Regno d’Italia, prima nello stato francese (1801) poi nell’Impero (Dipartimento del Taro 1808). La loro organizzazione – con le fondamentali novità quali lo Stato civile e il Catasto particellare – fu mantenuta anche dall’amministrazione ducale di Maria Luigia. Nel 1832 nel Vocabolario topografico dei Ducati di Parma, Piacenza e Guastalla di Lorenzo Molossi il Ducato piacentino consta di 45 Comuni suddivisi in tre Territori amministrativi: quello di Piacenza con 31 Comuni, quelli di Borgo S. Donnino e di Borgotaro con i restanti 14. Mentre i comuni inclusi nel territorio fidentino (compreso fra Riglio e Taro) sono tuttora piacentini, quelli insistenti su Borgotaro non lo sono più (differente è la condizione della circoscrizione ecclesiastica poiché la Diocesi di Piacenza-Bobbio mantiene il Vicariato della Valtaro e Valceno). Vediamo quali sono i primi 31: Agazzano, Bettola, Borgonovo, Borgo S. Bernardino, Calendasco, Caorso, Castel San Giovanni, Coli, Ferriere, Gossolengo, Gragnano, Morfasso, Mortizza, Nibbiano, Pecorara, Piacenza, Pianello, Pomaro, Podenzano, Ponte dell’Olio, Pontenure, Rivalta, Rivergaro, Rottofreno, San Giorgio, San Lazzaro, Sant’Antonio, Sarmato, Travo, Vicomarino, Vigolzone. Di questi non esistono più i tre soliti comuni foranei (San Lazzaro, Sant’Antonio, Mortizza) e quello di Borgo S. Bernardino (assorbito da Bettola). Inoltre, ai nomi di Pomaro e Rivalta ora si sostituiscono quelli di Piozzano e Gazzola. I restanti 14 sono: Alseno, Besenzone, Cadeo, Carpaneto, Castell’Arquato, Castelvetro, Cortemaggiore, Fiorenzuola, Gropparello, Lugagnano, Monticelli d’Ongina, Polignano, Villanova, Vigoleno. Polignano e Vigoleno oggi sono chiamati rispettivamente S. Pietro in Cerro e Vernasca.
Togliendone 4, alla fine si contano 41 comuni. Per raggiungere l’attuale totale di 48 mancano: Besenzone, Bobbio, Caminata, Corte Brugnatella (Marsaglia), Farini, Ottone, Zerba. La Provincia di Piacenza – che conta oggi poco meno di 300.000 abitanti – comprende infatti 48 Comuni che durante il XIX e XX secolo ebbero in parte alterne vicende. Un po’ per curiosità, un po’ per scrupolo storico esaminiamo i casi suscettibili di dubbio e di interesse. Anzitutto, c’è da precisare che dell’odierna circoscrizione provinciale fino al 1923 non facevano parte alcuni comuni del distretto bobbiese, appartenuto allo Stato di Milano e con la pace di Aquisgrana del 1748 passato al Regno sardo fino al 1797. Dopo la parentesi francese con la Restaurazione Bobbio tornò ai Savoia come provincia della divisione di Genova, comprendente 27 comuni fra cui quelli del contado di Ottone (Ottone, Cerignale, Zerba).  

Fu provincia fino al 1859 quando passò sotto quella di Pavia. Nel 1923 i vari comuni dell’ex circondario furono distribuiti fra le province di Pavia (che acquisì fra gli altri Varzi e Zavattarello), Genova (a cui spettarono Gorreto e Rovegno) e Piacenza la quale incamerò Bobbio, Caminata, Corte Brugnatella, Cerignale, Ottone e Zerba (il meno abitato fra i comuni dell’Emilia-Romagna). Piacenza però perse Bardi che entrò nella provincia di Parma, mentre scomparve Boccolo de’ Tassi parte del cui territorio fu assegnato a Farini d’Olmo e Ferriere, il resto a Bardi.

Ora, visto che si affaccia l’idea di una riorganizzazione delle province a partire dalla soppressione delle più piccole dal punto di vista demografico o dell’estensione territoriale, tracciamo una breve cronistoria.

Alla proclamazione del Regno d’Italia nel 1861 si istituirono 59 province, fra cui Piacenza; sulla scorta dell’esperienza sabauda possedevano una certa autonomia e una rappresentanza elettiva. La legge Lanza del 1865 determinò invece una tendenza accentratrice stabilendo che il governo delle province fosse costituito dalla Deputazione eletta dal Consiglio provinciale e dal Prefetto suo presidente. Nel 1870, dopo l’aggregazione del Veneto e dello Stato Pontificio, esse salirono a 69. Dal 1889 al 1915 una serie di provvedimenti ne cambiarono la fisionomia in senso più democratico, arrivando alla elezione periodica sia del Consiglio sia della Deputazione. Con il fascismo si abolì il criterio elettivo nella formazione degli organi delle province che, nel frattempo, nel 1924, erano diventate 76 con le tre dalmate. Nel 1927 si adottò un riordinamento amministrativo che le portò a 93, nel 1941 salirono a 95 e, alla nascita della Repubblica si erano ridotte a 91. Di passo in passo, fino all’ultima modifica del 2004, il numero attuale è di 110.

Notizie storiche su alcuni Comuni della provincia piacentina (Sul sito dell’Archivio di Stato di Piacenza, nella sezione Strumenti per la ricerca, Archivi digitali, Catasto, Approfondimenti)

Ultimo aggiornamento

19 Aprile 2024, 13:55